
Talvolta nella pratica clinica capitano dei casi che sono al limite del recupero dell’elemento, dove le linee guida suggerirebbero l’avulsione. Queste situazioni possono accadere per svariati motivi e la scelta del clinico diventa un’attenta valutazione se è più conveniente conservare l’elemento o sostituirlo con un impianto.

La situazione che vi mostro è appunto uno di questi casi in quanto la radice residua è stata precedentemente trattata da un punto di vista endodontico ed è stato confezionato un perno metallico fuso su cui era allocata una corona.
Il precedente lavoro è fallito ed ha lasciato una radice dove il tessuto dentinale interno è stato seriamente sacrificato per creare l’alloggiamento del manufatto, a nostro parere in maniera davvero troppo disinvolta.

Il rischio nel confezionare un nuovo manufatto metallico usato come perno è che la struttura residua del dente è davvero esigua e dato i due differenti moduli di elasticità, di dentina e metallo, gli sforzi masticatori porterebbero ad una sicura frattura della radice. D’altronde l’uso di un perno in fibra di vetro, che possiede un modulo di elasticità circa pari a quello della dentina, si dimostrava impossibile dato che non esiste in commercio un perno in fibra di vetro capace di adattarsi alla cavità interna del dente cosi malridotto.

Abbiamo optato per cercare di salvare la radice che appariva comunque sana da un punto di vista endodontico, ben sostenuta da osso e con una ferula, cioè un bordo fuori dalla gengiva, sufficiente ad essere chiuso dal margine di una corona.
In pratica abbiamo sviluppato un modello in gesso su cui è stato progressivamente adattato un perno in fibra di vetro del commercio con successive aggiunte di composito fino ad ottenere un perno personalizzato e perfettamente adattato allo spazio disponibile.
Questo, una volta cementato all’interno della radice, ci ha permesso di realizzare una corona in ceramica.
Segue le fasi finali del confezionamento.





Gent.mo,
ho 37 anni e sono circa 5 anni che cerco di trovare una soluzione per il secondo molare inferiore.
È stato inizialmente trattato con otturazione, a seguito di infezione è stato poi necessario devitalizzarlo.
Tre anni fa è stato inserito un perno e applicata una capsula che si è staccata dopo circa 1 mese. Per oltre un anno sono rimasta con solo il moncone senza provare nessun particolare disagio.
Questo anno é stata costruita una seconda capsula che in 10 giorni si è staccata nuovamente secondo il mio professionista perché presente ancora troppa gengiva e oscillamento (da me mai percepito) del perno. Per questo è stato rimosso tutto il lavoro compreso il perno.
Mi è stato proposto per dare maggiore stabilità di reinserire il perno e una nuova capsula ma a ponte anche sul primo molare che è perfettamente sano ma che dovrebbe quindi essere limato ed incapsulato assieme.
Il dente malato al momento nn ha più ferula ma solo radici.
Il mio dubbio è fondamentalmente se non sia meglio risparmiare il dente sano dalla limatura e applicazione del ponte (data anche la funzione dei molari), tentare eventualmente la ricostruzione del singolo dente malato e, in caso di ennesimo fallimento, ricorrere per il singolo dente malato ad un impianto.
La ringrazio molto se saprà darmi un parere.
Salve
L’osservazione clinica e radiografica del dente dovrebbe essere più che sufficiente per capire se l’elemento è recuperabile o meno. In caso non lo sia propenderei per un impianto singolo in sostituzione dell’elemento avulso.
Dott. Jacopo Cioni
La ringrazio per la condivisione di questo caso e della sua risoluzione. Molto interessante. Un saluto.